Se c’è un aspetto di non poco conto che il Coronavirus ha
fatto emergere, in tutta la sua prepotenza, è sicuramente la riscoperta che in
noi esiste anche una psiche, un’anima. E, come questa abbia lo stesso diritto
di esistere come un qualsiasi altro organo del nostro corpo.
L’anima, fino ad ora derisa, bistrattata, non legittimata,
ha urlato tutto il suo dolore e strazio.
Lo ha gridato attraverso l’angoscia, il panico, la paura, l’impotenza.
Ma anche attraverso la lotta, la rabbia e il desiderio di riscatto.
La riscoperta della psiche è avvenuta quando il virus ha
esacerbato e acutizzato il conflitto tra necessità e libertà; quando ha
amplificato – come se non bastasse - una sofferenza dell’anima, già insinuata nell'intimità di casa (e, talvolta,
poco vista da un fuori non sempre empatico), che non sempre rappresenta il
luogo più sicuro per la persona: ce lo dicono i fatti di cronaca di questo
periodo; ce lo informa la donna che rischia tutti i giorni violenze all’interno
delle mura domestiche, gli individui portatori di psicopatologie
importanti, comprese le dipendenze patologiche di cui se ne parla troppo poco; ce lo fanno capire le innumerevoli solitudini, la fatica
estenuante dei caregiver familiari che sono in esilio da una vita, le persone
che soffrono di malattie rare o che sono immunodepresse che vivono in
quarantena da una vita, gli anziani fragili,
La riscoperta della psiche è avvenuta nel momento in cui il
virus ha impattato drammaticamente nella tenuta del nostro Welfare e del nostro SSN
che, travoltI da uno tsunami di tale portata, rischiano di non reggere e di non
tenere, nonostante lo sforzo encomiabile di chi ne fa parte.
La riscoperta della psiche è avvenuta nel momento in cui è
entrato con i suoi pericoli all’interno dei luoghi di lavoro, provocando un inevitabile
aumento di stress che, se non gestito e supportato, può cronicizzarsi in traumi
che necessitano di cure profonde.
In conclusione, il virus, con tutta la sua forza, ci ha
fatto comprendere ancora di più quanto la Salute (Zucconi, Howell, 2003), come ci ricorda l’OMS,
sia la concomitante di fattore bio – psico – sociali tra loro profondamente e
ricorsivamente interagenti: in questa accezione, la psiche, allora, non può
essere messa in secondo piano come componente tutt’al più, accessoria, ma ha
il diritto di essere considerata come variabile fondamentale per la percezione
di benessere dell’individuo.
© Francesca Carubbi
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