sabato 11 aprile 2020

Di lacrime nascoste e nodi in gola






“Oh, guarda guarda!

Vedete anche voi quello che vedo io?

Quel bambino piange forte forte

Per fortuna io so che cosa bisogna fare di così tante lacrime”

Sabine De Greef – Lacrime che volano via
 




Il mio lavoro è fonte di ispirazione. Nella mia mente nascono, così, riflessioni e interrogazioni circa le storie che ascolto. 

Una di queste riguarda il posto delle lacrime nella nostra vita. Da qui, penso sempre si più che di lacrime non ce ne siano mai abbastanza per onorare il nostro dolore. E molte di queste vengono rinchiuse in nodi così stretti da non riuscire più a scioglierli. Groppi in gola, si chiamano.

Sensazioni di una chiusura ermetica che parla dell’estenuante lotta tra una parte di noi, che deve essere per forza sempre forte, e un’altra che vorrebbe rompere le dighe del pianto.
 E l’aspetto più sconcertante è che molti clienti non si sono mai chiesti, prima del loro percorso di psicoterapia, il perché di questo blocco. 

Non si sono mai legittimati il perché della "sepoltura" delle loro sofferenti lacrime. Sì, perché piangere non può essere considerato solo un bisogno, bensì una vero e proprio desiderio, spesso declinata con la frase “Dottoressa, vorrei tanto piangere ma non riesco” oppure “Sento che stanno per uscire le lacrime, ma faccio in modo che non avvenga”.

Ecco: il dovere si oppone all’esaudimento di una spinta alla libertà esperienziale: emozionale, fluida, aperta a tutte le emozioni, comprese quelle più difficili da tollerare. Una progressiva apertura dignitosa al dolore, senza vergogna e senso di colpa.

Sono infatti i profondi vissuti di denigrazione che impediscono la lacrima: un biasimo vissuto, spesso, durante l’infanzia, quando il cliente bambino si è identificato, progressivamente, con i giudizi genitoriali.
Quando ha imparato che “un bambino forte non piange!”. Quando ha sentito costantemente “Guardati allo specchio! Non fai altro che piangere!” o “Sii forte! Cosa piangi a fare?”. Quando ha trasformato tutto questo in “Non devo piangere! Perché sono un bambino forte!”

E, allora, tutte queste lacrime che non hanno trovato un posto, si sono , mano a mano, prosciugate o trasformate in sintomi che, nonostante un apparente non detto, hanno molto da dire e raccontare.
Lacrime che, a fronte di tutto ciò, non aspettano alto di essere “cullate dolcemente, molto dolcemente” (De Greef, 2009).

© Francesca Carubbi

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