Oggi è un Primo Maggio particolare. In questo anniversario
si celebra e onora il Lavoro, quello con la “L” maiuscola.
Il Lavoro che fa
sentire l’essere umano realizzato, fiero, partecipe della Comunità in cui vive.
Quello che crea empowerment, libertà e responsabilità.
Il Lavoro per cui
abbiamo studiato anni.
Il Lavoro che abbiamo scelto, che abbiamo costruito con
sacrifici, che abbiamo cercato e cercato.
Il lavoro che non arrivava mai e che
non ci ha fatto dormire intere notti.
Il Lavoro che abbiamo conquistato e che, ora, ce lo teniamo
stretto, con le unghie e con i denti.
Il Lavoro ai tempi di una Conciliazione sempre più
complicata.
Il Lavoro da organizzare e programmare; il Lavoro dei salti mortali, per cui i funamboli rispetto a noi, in fin dei conti, sono dei dilettanti
Lo Smart Working, che di Smart ha davvero poco.
Il Lavoro che abbiamo perso e ritrovato. Ma anche il Lavoro
che ancora non c’è.
Il Lavoro che ci fa paura. Che, nonostante il rischio, lo portiamo avanti con abnegazione e passione.
Il Lavoro che abbiamo dovuto scegliere, perché altro non c’era,
perché l’affitto, le bollette, le rette scolastiche, i vestiti dei figli, perché
l’apparecchio per i denti, quelle scarpe ormai troppo strette e consunte non
potevano attendere.
Il Lavoro, allora, che abbiamo dovuto imparare ad accettare,
a farcelo sentire comodo come un vestito stretto, nonostante la delusione e la
rabbia.
Il Lavoro che ci fa dire, a denti stretti, “almeno sono
fortunato. C’è ancora chi il lavoro non ce l’ha”.
Il Lavoro voluto e scelto e il Lavoro che, al contrario, ha
scelto noi.
Tutti questi Lavori che, oggi, rischiano di non ripartire,
di arenarsi.
Lavori che, volenti e nolenti, dobbiamo ricostruire, dalle “macerie”
che il Covid sta lasciando dietro di sé.
Ecco, allora, l’augurio che faccio a tutti noi: che il Primo
Maggio diventi anniversario di ricostruzione di un Lavoro che rischia di
perdere il suo valore più vero, ossia la nostra dignità-
© Francesca Carubbi
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