sabato 29 febbraio 2020

L'empatia e la gentilezza ai tempi della Paura

Carl Rogers (1980) sosteneva che "l'empatia dissolve l'alienazione", ossia che la capacità (io preferisco definirla possibilità che l'Essere Umano si dona e dona all'altro) di entrare in contatto con l'esperienza di un altro individuo permette un ascolto autentico e accettante.
Ma l'empatia, per essere tale, deve avere una condizione "sine qua non": il non cadere a piè pari in ciò che vive l'altro. O, meglio, non lasciarsi travolgere dal vissuto emotivo di chi stiamo ascoltando e dalla realtà in cui viviamo.
Da qui, mi sono nate delle riflessioni a riguardo, soprattutto alla luce della profonda Paura (anzi, Panico) che sta colpendo la popolazione di tutto il Mondo: il terrore del contagio.
L'Altro, allora, diventa il nemico, l'estraneo da tenere a vista (ho letto, proprio ieri, di una bambina esposta al pubblico ludibrio e alla gogna mediatica. Pazzesco, vero? Ma è successo proprio questo), o, alla peggio, da aggredire. L'emergenza crea disconnessioni, diffidenza. La massa diventa un'orda che si muove secondo la regola de "si salvi chi può!".
Grazie alla Psicologia dell'Emergenza, sappiamo che le reazioni dell'organismo, in termini di stress acuto, sono normali e fisiologiche, se si presentano dinanzi a eventi eccezionali. E il Coronavirus è un evento eccezionale, per le sue caratteristiche. Ne siamo consapevoli da giorni: virologi, infettivologi  ed epidemiologici più illustri ci stanno spiegando da giorni le cautele e le buone prassi da attuare per contenere la diffusione della malattia. Ma, nonostante ciò, la mente tende ad impanicarsi, a terrorizzarsi: le risposte fisiologiche diventano persistenti, ricorsive, invalidanti. Il Panico sostituisce la Paura. Tutto si blocca o straripa: la riflessione si congela e l'emozione agita in tutta la sua inconsapevolezza.
E, l'empatia che fine fa? Scompare. Si annienta. Perché il contatto con l'altro è contaminato dal Terrore. Si perde fiducia.
In tal senso, Lynn Hunt, nel suo bellissimo libro "La forza dell'empatia" (Editori Laterza, 2010) ci illumina quando sostiene che "l'empatia richiede fiducia, bisogna immaginare l'altro simile a sé".
Ecco, in questi giorni, il rischio di ammalarci ci mette di fronte ad una verità incommensurabile. Inappuntabile: che l'Altro è simile a me. Che lo Straniero che vedo in chi è vicino a me, altri non è che una parte di me, che ho poriettato in lui. Cosa? La mia fragilità, vulnerabilità, finitezza. L'altro, allora, ci rimanda quanto "la Bella e la Bestia" in fondo, siano all'interno di ognuno di noi (Carubbi,2018); tuttavia,
nei momenti di Crisi, abbiamo necessità di trovare ovunque il Capro Espiatorio.
Ed ecco, allora, la Forza dell'Empatia: il coraggio di comprendere che il nostro vicino, lo straniero, la persona del nord stanno provando le stesse paure, stanno combattendo come noi, come ci ha insegnato Platone, una battaglia personale. In soldoni l'altro è come noi. 
Tornare, allora, ad essere empatici e gentili con l'altro e con sé significa divenire davvero forti e resilienti in tutto questo caos. Questo perchè "la gentilezza è una forza: quella forza senza cui l'umanità non può sopravvivere, e grazie alla quale ognuno di noi può trovare il proprio equilibrio e il senso della propria vita" (Ferrucci, 2004). Empatia e gentilezza, allora, come atto rivoluzionario. Di Fede nell'umanità.

© Francesca Carubbi
www.psicologafano.com
www.alpesitalia.it

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