domenica 31 gennaio 2021

La psicoterapia come possibilità di so – stare

 

Vassilissa la Bella di Bilibine

Sostare; so – stare. Fermarsi e saperci stare. Saper stare, sostare appunto, nel tumulto della nostra vita; nei punti interrogativi che puntellano la nostra esistenza.

Arrestarsi ma non immobilizzarsi, né tantomeno sfuggire alle inquietudini; alle paure; alle domande.

Saper soffermarsi, guardandoli e attraversandoli, sui propri punti interrotti; sulle crepe; sui contorni frastagliati della nostra esperienza, per poi poter offrire loro un altro senso.

Saper so – stare nelle tante prove che la vita ci presenta, accettandone l’inevitabile fatica che comportano. Come Vassilissa di Afans'ev, messa continuamente alla prova dalla sua Baba Jaga, apparentemente mostruosa ma profondamente saggia.

Ecco che a cosa può assomigliare la psicoterapia: ad un viaggio possibile nei meandri della nostra psiche, dove noi siamo gli eroi di questa avventura.

Un viaggio di cui si apprende man mano la direzione ma non la destinazione. Una possibilità di so – stare nel buio, nelle incognite del bosco che stiamo attraversando.

Un viaggio grazie al quale si inizia a dare nuovi significati alle nostre esperienze passate che ancora incidono nel nostro presente, che può essere costruito, sentito e pensato all’interno di una nuova percezione: più nitida, meno sfuocata, più reale.

Proprio stamane ho potuto “ricucire” un pezzettino, grazie ad un’intuizione, del mio passato; di un senso di angoscia che ho sempre ritenuto essere, erroneamente, un’emozione del “qui e ora”.

Quando ero piccola, infatti, capitò un fatto il cui ricordo, ancora oggi, mi provoca turbamento: avrò avuto circa otto anni ed ero a scuola. Durante il rientro pomeridiano, precisamente. Fatto sta che, nel giocare con una pallina da tennis di un mio amichetto, questa cada fuori dalla finestra e vada a finire in uno strapiombo impossibile da raggiungere. Io entrai nel panico, perché pensavo di averla combinata davvero grossa.

Ecco come, proprio grazie alla mia psicoterapia, quella sensazione di ansia terribile abbia potuto connotarsi di un significato nuovo. Ho potuto, in altri termini, simbolizzare correttamente la mia esperienza del presente grazie ad un prezioso “fil rouge” che ha unito, pazientemente, il mio sé adulto e quello di Francesca, bambina colpevole e, proprio per questo, terrorizzata da una possibile tremenda punizione.

Ed è proprio questa corretta simbolizzazione (Rogers, 1951) che ha permesso la catarsi di questa mia emozione, subcepita e negata nel suo vero senso, e, soprattutto, la sua integrazione cognitiva (ibidem), facendomi sentire più libera nel mio esperire e meno impaurita nell’attraversare e so – stare nel mio bosco personale.

Francesca Carubbi

www.psicologafano.com

www.alpesitalia.it

 

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